India: La modifica del copy-right non piace alle major
Il 19 aprile, in India è stata introdotta un’altra serie importante di emendamenti al Copyright Act, in modo che L’India si conformi “alle disposizioni dei trattati internet dell’OMPI, nella misura ritenuta necessaria e auspicabile”.
Ma questo non basta alle major che, come sappiamo, vogliono portare i principali punti di accordo presenti in ACTA in tutto il mondo.
Infatti, l’IIPA, ossia International Intellectual Property Alliance, nel suo rapporto del 2010 al governo statunitense pone l’India, nei punti più alti della classifica “Priority watch list”.
Nel rapporto è scritto che l’India è fra i primi dieci paesi al mondo per attività illegali di file-sharing, e che il tasso di pirateria per la musica on line è stimato al 99% ed inoltre le società via cavo denunciano solo il 20% dei loro abbonati e che in questo mercato il livello di pirateria è all’80% ecc.
Inoltre uno dei motivi per cui l’India deve rimanere nella “Priority watch list” è che la legge del paese non è coerente con la WIPO.
Dal momento che l’India non ha neanche firmato i trattati WIPO, non si capisce perché dovrebbe essere coerente con essi.
Ma, come detto, scopo dell’IIPA e quindi delle major è quello di estendere a tutto il mondo alcune regole basi che le varie nazioni dovrebbero includere nelle loro leggi, come ad esempio aggiungere le spese legali alle cause civili, rispettare i trattati OMPI, aggiungere una legge anti-camcording ed anche una legge contro la copia dei dischi ottici ecc.
In effetti, nessuna di queste misure sarebbe del tutto sbagliata, lasciando poi ai singoli paesi la libertà di legiferare e di essere flessibili.
Del resto gli emendamenti previsti per la legge sul diritto d’autore in India vogliono approfittare della libertà concessa ai vari stati di legiferare, ad esempio, il superamento del DRM con l’intenzione di violare il diritto d’autore è illegale, altrimenti no. Il disegno di legge non sembra affrontare dispositivi e software, che rendono possibile tale aggiramento del DRM, che pertanto rimangono legali.
Secondo l’IIPA poi la legge indiana fa poco per affrontare specificatamente la pirateria su internet e invece dovrebbe garantire che ISP e detentori dei diritti s’impegnino in una risposta graduale, del tipo dei tre avvisi e la disconnessione.
Sembra molto strano che in un rapporto al governo degli Stati Uniti, che non ha mai introdotto leggi sulla risposta graduale, si metta in evidenza la pericolosità di paesi emergenti che non l’hanno.
Ossia tutta la relazione verte solo sulla paura che i mercati emergenti, tipo quello indiano, possano recare danni ai business delle industrie statunitensi e questo si capisce ancora meglio nel punto in cui si dice, che l’industria è preoccupata, anche per le mosse dal governo indiano, nel prendere in considerazione l’idea di rendere obbligatorio l’uso di software open source e il software di sola origine nazionale.
Certo che l’idea che in India si possa non comprare più ad esempio software Microsoft, porta questa a diventare il nemico numero uno degli Stati Uniti, molto più del fatto che non vada adeguatamente a caccia di pirati.